Realtà virtuale e Virtualità reale

di Emiliano Ilardi

Your own personal Jesus
Someone to hear your prayers
Someone who cares[…]

Depeche Mode, Personal Jesus

“Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu”.

“In principio era il Verbo”. “E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”

Questi versi su cui, in modalità differenti, si basano i tre grandi monoteismi, non sono altro, in fondo, che la sublimazione religiosa di uno dei più profondi sogni dell’umanità: che il linguaggio non sia solo uno strumento di comunicazione o concettualizzazione ma anche di trasformazione o addirittura creazione. La Bibbia e i Vangeli ci mettono subito in guardia: la facoltà di creare mondi direttamente dal linguaggio è prerogativa divina. L’uomo e Dio possono pure parlare la stessa lingua ma solo Dio può trasformarla in strumento creatore. L’uomo può solo partecipare alla creazione, al limite può influire su di essa comunicando con Dio, attraverso le preghiere che non sempre però vengono ascoltate. Ma è difficile resistere alla tentazione di mettere in collegamento diretto coscienza (desiderante), linguaggio e materia. Se proprio non ci si riesce con il linguaggio naturale magari si può provare con qualche codice artificiale: la magia, la stregoneria… ma anche la matematica, la fisica teorica e la stessa filosofia. Da Platone agli idealisti tedeschi è tutto un tentativo di dedurre il reale dal logos, dal Verbo, per poterlo dominare. Il soggetto moderno faustiano proclama… e il mondo non può che diventare malleabile alle sue parole. Marx passerà praticamente tutta la sua vita a prendere ferocemente in giro ogni forma di idealismo: “Non è che se proclamate la giustizia, l’uguaglianza, la rivoluzione, l’Uomo Nuovo, essi magicamente si realizzano. Se non ci sono le condizioni storico-materiali, se non scendete in piazza armati… il linguaggio stesso è figlio dell’evoluzione storica e non è altro che ideologia o falsa coscienza”.  Niente da fare: il Mefistofele che ci sussurra all’orecchio la possibilità di produrre il reale dalle parole non ci abbandona mai. E se le preghiere, le formule magiche, le equazioni matematiche, la dialettica filosofica o gli attuali estremismi del politicamente corretto non ci riescono, si può provare con la tecnologia. Soprattutto se la tecnologia, a partire dalla seconda metà del ‘900, comincia a basarsi proprio su codici linguistici, i codici alfanumerici dell’informatica. Già nel 1996 Mark Dery intuiva quanto di escatologico e millenarista c’era nella cybercultura di quel periodo essenzialmente basata sulla fiducia che algoritmi e stringhe di codice alfanumerico o “i comandi che si digitano sulla tastiera di un computer [siano] una specie di linguaggio che più che comunicare [faccia] accadere le cose, in modo diretto e ineluttabile”, reifichino immediatamente qualsiasi contenuto dell’immaginazione. Nello stesso anno Manuel Castells la definiva “Virtualità reale” e non più “Realtà virtuale”. Virtualizzare il reale è quell’azione che, da esseri umani perennemente infelici e frustrati quali siamo, facciamo fin dalle origini: cercare di tradurre il mondo in specifici codici linguistici (poesia, romanzi) o visivi (pittura, cinema) per poterlo, una volta virtualizzato, renderlo totalmente malleabile nelle nostre mani. Il digitale permetterebbe invece di “realizzare il virtuale” riuscendo a “materializzare” ed esteriorizzare qualsiasi elemento astratto in bit e addirittura a creare interi mondi abitabili e interagibili nel Cyberspazio (i videogame su tutti). Ma negli anni ’90, questa era ancora una prerogativa di pochi sciamani informatici, iniziati ai codici alfanumerici e alle loro logiche. Negli ultimi 15 anni con l’avvento di dispositivi touch e soprattutto di piattaforme user friendly (i social media ad esempio) la virtualità reale inizia ad essere a disposizione delle masse: che possono creare a piacimento spazi e identità in rete. Con l’AI il cerchio è sul punto di chiudersi: finalmente è il linguaggio naturale che direttamente diventa creatore. “MIDJOURNEY crea un immagine con l’Uomo Ragno che combatte accanto a Cleopatra contro gli eserciti romani di Augusto”. E l’immagine è. “CHATGPT fammi la cortesia: aiutami a scrivere un articolo da pubblicare su una rivista di Fascia A, che devo raggiungere quelle stupide mediane previste dall’ASN”. E l’articolo è.

Finalmente abbiamo tutti il nostro “Personal Jesus”, per riprendere il titolo di una canzone dei Depeche Mode, che ascolta e realizza immediatamente le nostre preghiere; o il nostro “Personal Mephistopheles” se uno si è svegliato apocalittico. Rimane però, fastidiosa, la sensazione che, se Marx fosse ancora vivo, probabilmente continuerebbe a prenderci in giro!

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