La casa degli insetti

di Cristina Meli

La zona era grigia e silenziosa, come lo sono la maggior parte delle periferie, ma oltre le cineree mura c’era un inaspettato giardino in cui regnava indisturbata la vita. L’anziano proprietario affittava la casa, un tempo appartenuta a sua madre, agli studenti. Era immersa nel profumo della natura, un piccolo paradiso ai confini della città. Ho abitato lì per qualche tempo.

Un giorno ho visto un ragno divorare voracemente una vespa ed è stata una delle scene più aggressive a cui abbia mai assistito. Ho appreso con i miei occhi quanto la natura sappia essere violenta. 

Ricordo la volta in cui andando in cucina per preparare un caffè ho trovato una vespa, grande come un mignolo, sbattere vicino alla maniglia dell’unica finestra chiusa. Avevo paura ma con calma l’ho aiutata ad uscire. Successivamente  il proprietario di casa ha messo una grata nel foro della cappa, così da prevenire queste sorprese. Tempo dopo, sempre durante la stagione primaverile, passando dalla veranda che divideva la porta d’ingresso dal rigoglioso giardino, ho incontrato una grossissima ape legnaiola nera, grande quasi quanto un pollice,  rimasta bloccata tra le pareti di vetro. A causa del suo robusto pungiglione può essere considerata un’ape mortale ma è un esemplare poco aggressivo, un solitario impollinatore. Poi dovevo fare i conti con i pavidi scorpioni che la notte uscivano fuori dagli stipiti della porta del bagno e passeggiavano davanti al piccolo corridoio tra le due scale e il consistente fiume di formiche viaggiatrici che compariva al piano terreno durante l’estate: una scena che ricorda il finale del romanzo Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcìa Màrquez. E potrei continuare con altre storie di insetti e aracnidi,  come le vespe dell’albero fiorito, che quotidianamente entravano da una delle finestre e uscivano dall’altra, senza considerare che la scrivania su cui studiavo si trovava lì in mezzo; o il ragno, grande quanto il palmo di una mano, che una sera ho trovato fermo immobile al centro della sala da pranzo, accompagnato gentilmente fuori (non dalla sottoscritta). Con il tempo ho imparato a vivere con questi animali, nonostante le ammissibili difficoltà. La ricorderò per sempre come “la casa degli insetti”.

Queste memorie possono ricordare il racconto di Gilles Clément ambientato nella casa che aveva costruito con le sue mani nella Vallée de La Creuse, narrato nel libro Il giardiniere planetario (2008).

Le vicende con gli insetti mi hanno invitata a riflettere sul primordiale sentimento di paura che pervade continuamente l’essere umano, costretto alla lotta per la sopravvivenza. Con il tempo, per vivere un’apparente tranquillità, ha progettato centri urbani dove il più piccolo essere vivente vegetale o animale indesiderato, è stato relegato fuori. Le città sono diventate impermeabili fortezze, spazi letteralmente immersi e immobilizzati nel cemento, dove vige il controllo umano. Il paradosso è che la biodiversità è probabilmente l’unico fattore necessario per garantire la sopravvivenza della nostra specie su questo pianeta: dovremmo tutti finalmente imparare a vivere in armonia con essa e trovare il giusto equilibrio.

Le periferie rappresentano quella sfumatura tra la città e la natura.

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