Affollata solitudine

Investire in educazione e bellezza nei contesti carcerari

di Maria Grazia Tassone

È l’ossimoro che contraddistingue gli Istituti Penitenziari; luoghi dove, per chi si trova a dover scontare una pena detentiva, è difficile trovare un proprio spazio; allo stesso tempo è un affollamento che non si traduce in comunicazione e costringe a vivere in solitudine. Ogni nostro atto comunicativo è collocato in un tempo e in uno spazio, all’interno delle carceri questi due elementi si distorcono: tempo immobile in uno spazio compresso. La popolazione carceraria comprende nella sua composizione sociale per la maggior parte le fasce più emarginate della popolazione; il “processo di criminalizzazione” – impunità che cresce al crescere della posizione nella gerarchia sociale; visibilità del reato commesso; risorse economiche a disposizione del reo – documentato a livello internazionale, rileva l’incidenza delle disuguaglianze sociali nella definizione della popolazione carceraria. Quanta devianza è prodotta dal contesto sociale di appartenenza? Il giornalista e attivista Peppino Impastato aveva capito che la violenza della mafia già si manifesta nella bruttezza del mondo in cui è padrona e attribuiva alla bellezza un valore civile e sociale perché la bellezza autentica è capace di scuotere e risvegliare. Durante la serie di incontri avuti con i minori del carcere dell’isola di Nisida a Napoli, il Prof. Giuseppe Ferraro evidenzia come una società che non investe sul piano della relazione educativa non può trovare la sicurezza che cerca e i costi risparmiati vengono riscattati in vite umane deviate, perdute alla comunità. Cosa può fare, e restituire, un investimento in educazione e in bellezza nei contesti carcerari?
I presupposti teorici e normativi delle funzioni di rieducazione, riabilitazione e deterrenza del carcere, già teorizzati da Cesare Beccaria e presenti nella Costituzione Italiana all’articolo 27, faticano a trovare conferma sul piano empirico; ci sono però realtà di resistenza. Da più di vent’anni i professori volontari del Polo Universitario all’interno del Carcere di Torino accompagnano questi studenti periferici alla laurea e alla possibilità di un riscatto; la recidiva zero degli studenti dimostra che un “altro carcere” è possibile. La referente della sezione dell’Istituto Plana di Torino presso la Casa Circondariale si illumina quando parla dei progetti del corso di falegnameria. Il corso permette agli studenti ristretti di conseguire un titolo di studio e di partecipare a percorsi specifici in collaborazione con le istituzioni culturali. Ne sono esempi il progetto “Liberi di imparare” per il quale, in collaborazione con il Museo Egizio di Torino, gli studenti hanno potuto ricreare alcuni manufatti presenti nel Museo che sono poi stati protagonisti di una mostra itinerante; il progetto con il Museo Ferroviario Piemontese prevede invece il restauro di una carrozza d’epoca. I progetti portati avanti dal Plana e da tante altre istituzioni scolastiche e associazioni hanno la finalità di sottrarre il detenuto all’isolamento e di metterlo in contatto con il “fuori”; il carcere è una componente della società e come tale deve essere in relazione con essa. Lo studio e la possibilità di fare arte porta agli studenti la libertà di pensiero e dalla restrizione; la soddisfazione di realizzare cose che verranno viste dagli “altri, fuori”.

Un investimento in educazione e in bellezza nei contesti carcerari può dare voce a chi è costretto al silenzio e può restituirlo alla società avendogli dato un’opportunità di crescita e di cambiamento. Arte come evasione al contrario, fuga al di dentro, che riempie un vuoto ed eleva.

Bibliografia:
M.Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Torino 2014.
A. Chiribiri A. (a cura di), Carcere e società: il ruolo della cultura universitaria, Tirrenia Stampatori, Torino, 2000.
G. Ferraro G., Filosofia in carcere. Incontri con i minori di Nisida, Filema Edizioni, Napoli, 2006.
T.Montanari, A.Bigalli, Arte è liberazione,Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2020.

Immagine in evidenza: Caravaggio, Sette opere di Misericordia, 1606-1607, olio su tela, Napoli.

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