Centro/periferia: in viaggio con le nuvole

di Sara Liuzzi

Il paradigma centro/periferia può avere varie accezioni, ma ciò che solitamente emerge e viene privilegiato è il carattere narrativo che può essere straordinariamente declinato in differenti sfumature. 

Come ci si approccia ai luoghi? Sicuramente vige uno sguardo vagabondo che scruta, osserva, filtra il contesto in cui ci si trova, attraverso la luce presente in un determinato momento. 

Durante questo itinerario emerge il ruolo del cosiddetto flâneur, figura introdotta e ampiamente descritta da Charles Baudelaire e, in maniera significativa, adottata anche da Walter Benjamin, che sta a indicare il gentiluomo che vaga per le vie cittadine. L’astante solitario, in questo viaggio centrale e periferico, trova spesso conforto nelle nuvole, le quali indicano la strada da percorrere. 

Non è un caso, infatti, che lo stesso Baudelaire le cita in molte sue poesie:

[…]
– Eh! che ami tu dunque, straordinario straniero?
– Amo le nuvole… le nuvole che passano…
laggiù…laggiù… le nuvole meravigliose!1.

Ciò che mi piacerebbe avanzare in questa breve considerazione è un’analisi su tale binomio attraverso uno sguardo che va oltre, oltre la finestra, oltre l’immaginazione. Osservando il cielo e le nuvole si vivono delle particolari suggestioni che fanno percepire un dato luogo, centro o periferia, in un determinato modo e che, probabilmente, la volta seguente restituiranno sensazioni e percezioni totalmente opposte o comunque differenti.

Ce lo hanno dimostrato tantissimi artisti, tra cui John Constable, William Turner o Caspar David Friedrich nelle cui opere catapultano l’osservatore “nello spettacolare paesaggio attraverso il proprio stato d’animo”2 e poi ancora sono intervenuti gli impressionisti che, se pur imprimendo sulla tela la fugacità del momento, regalano atmosfere sognanti e immateriali che però riescono a restituire la loro sublime poeticità. 

«La nuvola è tutto ciò che simboleggia l’altrove, l’infinito. […] “La nuvola è simbolo della metamorfosi nel suo stesso divenire”, è “un velo che cinge la montagna sulla quale vivono gli dei”, a differenza della terra che rappresenta la realtà, la razionalità. 

Basta alzare lo sguardo e le nuvole hanno il potere di alleviare i nostri pensieri più turbolenti, ci fanno vedere le cose da un altro punto di vista: le nuvole fanno sognare, fantasticare, creare»3.

La nuvola diviene una sorta di bussola naturale che indica le coordinate all’uomo affinché egli possa elevarsi lungo il cammino. Questa metafora concreta del vivere è chiaramente espressa nella visione di Robert Walser:

«Con grande attenzione e amore colui che passeggia deve studiare e osservare ogni minima cosa vivente: sia un bambino, un cane, una zanzara, una farfalla, un passero, un verme, un fiore, un uomo, una casa, un albero, una coccola, una chiocciola, un topo, una nuvola, un monte, una foglia, come pure un misero pezzettuccio di carta gettato via, sul quale forse un bravo scolaretto ha tracciato i suoi primi malfermi caratteri. […] Guardavo attento a quanto v’era di più piccolo, di più modesto, mentre il cielo pareva inarcarsi alto e scendere profondo. La terra si faceva sogno; io stesso ero divenuto interiorità e procedevo come dentro di essa […]. Io non ero più io, ero un altro, ma appunto perciò più che mai me stesso. Nella soave luce d’amore credetti di dover capire, o di dover sentire, che colui che veramente esiste è solo l’uomo interiore»4.

Una rilettura dei luoghi, dunque, dove il viandante guarda il centro e la periferia da diverse angolazioni, proiettandosi in ciò che può essere tradotto in una dimensione apparentemente solitaria, ponendo l’essere umano in una condizione introspettiva, di riflessione, in contatto diretto con il genius loci del territorio.

  1.  C. Baudelaire, da Lo straniero ne Le Spleen de Paris, Feltrinelli, 2009, pp. 38-39.
  2.  S. Liuzzi, La Nuvola. Un viaggio nella storia dell’arte, tra fenomenologia, percezione e didattica dei linguaggi artistici, Gli Ori, pag. 56.
  3.  S. Liuzzi, op.cit., pag. 8.
  4.  R. Walser, La passeggiata, Adelphi, 2014.

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