Liberare la forza creatrice attraverso l’arte

di Emanuele Longo

“Bisogna che la forza creatrice dell’artista faccia sorgere quelle immagini, quegl’idoli che abitano l’organismo, il ricordo, l’immaginazione: che lo faccia liberamente, senza mettervi intenzione o volontà: bisogna che [queste immagini] si dispieghino, crescano, si dilatino e si contraggano al fine di diventare non più schemi fuggitivi, ma oggetti reali e concreti.”

Johann Wolfgang Goethe

Uno degli scopi principali dell’arte, nella mia visione, oltre il rispondere a bisogni soggettivi dell’artista (che per me rimangono di primaria importanza), è smuovere e riaccendere il sentire collettivo; nella trasfigurazione simbolica delle ferite aperte nell’anima creatrice, dando forma alle immagini in lei presenti, in relazione con se stessa, col proprio tempo e col mondo, ammettere le proprie sconfitte, le proprie aspirazioni inappagate o inappagabili, la propria vulnerabilità. Svelare la generale agonia dell’anima propria assieme a quella del mondo, che non viene avvertita ed è occultata deliberatamente, o spesso inconsapevolmente, attraverso i sistemi artificiali della società globale in cui siamo immersi, che atrofizzano a livello interiore, rendendo insensibili ad essa.    

È urgente nel momento attuale, come lo è stato in ogni epoca della storia in cui si è testimoni non solo passivi e coprotagonisti, dare forma agli elementi immaginali che rimangono nel substrato profondo (a livello psichico e metapsichico) del divenire temporale, nel loro perdurare o trasmutare nel corso della storia (nei suoi singoli passaggi e trapassi a fasi ulteriori): tali forme simboliche, in perenne trasmutazione, possono ancora smuovere sensazioni ed emozioni vivide, commuovere gli animi di chi è interiormente desto e tentare di penetrare nei sonni di molti altri, come sogni o incubi di significato oscuro ma rilevante, come presentimenti. Esse possono infatti, a mio parere, presentire nell’immaginario (con ogni deformazione, distorsione, groviglio, dettati dalla percezione soggettiva di chi ne attinge, nel darne testimonianza artistica) gli ulteriori sviluppi, sulla scena, dal proprio posto, del dramma concreto che si svolge sempre più accelerato sul “gran teatro del mondo che va in frantumi”, sia esso un dramma intimo, interpersonale, collettivo, universale (o tutti contemporaneamente). 

È urgente, secondo me, nella ricerca artistica, il tornare a dare valore primario alla sensibilità interiore, alla portata simbolica e metafisica delle immagini (che è sempre stata presente in tutta la grande arte di tutti i tempi), e all’azione creativa dell’immaginazione, attraverso un’immersione nell’immaginario personale e collettivo che corrisponde in profondità con la realtà dell’anima individuale, del suo stato emotivo, e, attraverso di essa, con quella dell’Anima Mundi.

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