Postilla per una regola quasi umana

di Lucia Nazzaro

Che dire dei topi poi… quegli eletti dalla razza dell’ultimo consapevole, uomo per caso. Quelli, accontentano ingordigia di carta stampata, preferibilmente della facciata giornalistica, di stampo democratico. Soprattutto democratico. Come dire che la vita dei topi, in fondo, non è altro che una proiezione delle scelte, dei metodi umani. Roditori, in ultima istanza, rosicchiano e contenuti e contenitori. Del resto, la Civiltà produce molti contenitori, rendendo sempre più inaccessibile ciò che sta all’interno. Paradossalmente l’uomo che di quella Civiltà… è sostenitore, scarta, butta via, nel migliore dei casi ricicla, proprio quel contenitore al quale ha apposto la sua firma. Quasi sempre irritato dalle molte operazioni che deve affrontare per raggiungere il contenuto (sempre più sacrificato al gusto del contenitore e destinato ad essere un rifiuto). Questi contenitori, sempre più intelligenti, sono testimonianza dell’esistere di un altro uomo che manovra ben altri contenuti e sempre meno consapevole di servire un diktat piuttosto discutibile e contenuti di dubbia origine. Ma, Chi? Governa tutto questo? I topi, è opportuno ricordarlo, non sono governabili. Hanno una regola interna che impedisce il riferimento a ogni luogo di respiro ambientalista… Quale opportuna occasione di incontro tra specie apparentemente così lontane! L’uomo, però, la rifugge credendo di fare onore alla sua- regola. Quella che gli vieta e parallelismi e compromissioni con il diabolico e indiavolato animale (il buono e intelligente Topolino non è riuscito a riscattarlo). Di fatto, l’uomo condivide con il topo molti contenuti ma, se è vero che il contenitore è la differenza, in quanto oscilla fra buono/cattivo – sacro/profano, è anche vero che gli stessi, valori non per caso, preferisce condividerli con il più affidabile degli amici che (quando non sbrana bambini) non è riferibile al “mostro”, quale ospite disatteso dell’abitato più puro… ma, piuttosto, al suo alter ego. Forse perché (il cane), se ben addestrato gli porta la carta stampata. Senza rosicchiarla. Povero cane! Per essere fedele evita nutrimento di cultura. Informazione, in questo caso. Povero cane! Incapace di avere una vita propria. Sciolto da ogni vincolo con la sua specie, quando gli va bene abbaia alla luna ma, ringhia nervosismo quando, avvicinato dall’altro Uomo, lo riconosce capace di leggere la sua impotenza. E’ del cane la paura, infatti. E’ dell’altro Uomo l’inquietudine. Quel precipitato di stelle che lo fa essere impenitente osservatore di un Nulla che celebra l’assenza come quintessenza… della materia più pura perché priva di scorie esistenziali. Solo un cielo abitato da ali di uccelli dimostra all’essere umano la tragicomica pesantezza della sua natura. Ma, L’uomo, non è abilitato ad altro che a se stesso e solo qualche volta, allo spessore dei suoi contenuti. Celebra un dio con diversi nomi e solo qualche volta è consapevole della speculazione che fa su quello. Preoccupato del passo giusto, mentre percorre il suo tratto, spesso offende l’equilibrio degli altri esseri. Non umani, per caso. Quei non eletti ai quali affida la differenza. Quella che per sottrazione, solo per sottrazione, indulge nel suo verso… E si chiama Potere, quello che esercita, come malcapitato assertore dell’ultima istanza. La regola. Pover’uomo… abbracciato da Dio si decompone, mentre affida all’Altro la similitudine e in
qualche modo, la speranza…

Ecce ancilla domini
© Lucia Nazzaro, 2006

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1 commento

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