M.A.L.A. Un sogno per liberare l’arte

Intervista a Virginia Caldarella e Andrea Pennisi
di Lucia Cammarata

Ho conosciuto Virginia e Andrea tempo fa, nella mia città natale, Catania.
Due personalità che, per ragioni allora sconosciute, si distinguevano nel grande corpo formicolante (da formicolìo; nel linguaggio medico parestesìa; dunque assopito, intorpidito) come enzimi catalizzatori di una re-azione che avrebbe, ne ero certa, trasformato il substrato sul quale si apprestavano ad agire.
E non a caso prendo ad esempio il corpo, in quanto organismo soggetto a perturbazioni di tipo meccanico, termico, chimico…metafisico, emozionale.
Nel 2017, nell’ambito della rassegna The Stone at TDC: Music & Visuals organizzata da John Zorn, presentano in anteprima al The Drawing Center di N.Y. il loro progetto artistico-performativo pensato per uomini di scienza e sognatori: parole, immagini, teatro e musica d’improvvisazione sono solo alcuni dei modi per narrare gli studi di Melanio Da Colìa, chimerico professore di Scienze Emozionali e Arti Implausibili.
A noi pervengono due manoscritti dell’erudito, mago e guaritore di mali passionali:

Il Trattato di Anatomia Emozionale, una vera e propria ricerca sui modi di dire popolari legati ai “Moti di Core”, quale la sintomatologia per ognuno di essi e quali i rimedi;

L’ombra

L’Atlante degli Arcani Ardenti, pubblicato il dicembre scorso da Lunaria Edizioni che, con la giusta mescolanza di segni e metafore, formule e mappe, traccia rotte che il lettore percorrerà guidato dai grandi condottieri e custodi dei segreti della Parola e dell’Interpretazione, per predisporre tutti gli eventi al Sogno.
M.A.L.A. Movimento Autonomo per la Liberazione dell’Arte fa da sigillo.

Chi sono Andrea e Virginia?

Andrea: peripezista e giocoliere di parole, esploratore dell’anima, dei sensi e dei controsensi.
Salta da arti a linguaggi diversi che tornano a confluire nel circolo magico ed eterno dell’Ouroboros.

Virginia: maga, fata o strega a seconda della Luna; birba e fanciulla praticante romanticismo disobbediente, traduce suggestioni operando con mimesi aristotelica per restituirci immagini e luoghi del mondo onirico.
Leggere il Trattato ed interpretare gli Arcani ci permetterà di conoscere meglio tutte le sfaccettature di noi stessi e di due anime prismiche e multiformi. Così, se chiedessimo loro quali autori li hanno più ispirati emergerebbero a chiare lettere due nomi: Alejandro Jodorowsky e Leonardo Da Vinci, mescolati a distillati esoterici, polvere di fiabe, Scienza, Mito, Letteratura, Filosofia in parti uguali e un soffio di Pensiero Mistico Orientale. Il tutto indissolubilmente legato alle Leggi della Natura, all’Arte, alla Poesia.

Ogni artista ha i suoi riti, rivelateci i vostri: un esercizio paziente o un atto istintivo e liberatorio? Avete qualche rito irrinunciabile, un luogo d’elezione o un momento preferito della giornata?

A: Il mio lavoro è prima ricerca pensata, decisa, scelta; poi c’è l’illuminazione, una scintilla da cogliere fuori, cavalcare il Kairos e tornare a scrivere. Il mio momento è la notte e, prima di mettermi a lavoro, svuoto la mente da tutto il resto attraverso un gioco di carte solitario che ho inventato io!

V: Entrambe le cose. Alcune immagini impulsive hanno preso subito forma, altre ragionate per costruire un percorso che seguisse l’indirizzo suggerito dal nostro giocare a indagare noi stessi. In gran parte preferisco lavorare alla sera e da sola. Sono a casa, nel mio studio: sottofondo musicale, colori e scrivania pronta! Questo il mio rito.

Seppur le vostre opere siano riproducibili, l’esperienza attraverso l’improvvisazione, la messa in scena del Trattato tramite il Simposio e il gioco delle carte con l’Atlante, si rinnova continuamente…

A: Ogni cosa riproducibile ha in sé quella scintilla che viene immortalata e resta tale. La performance mi permette di connettermi con altri spiriti creativi che vivo sul momento e questo cambia sempre il risultato dell’opera. La mia può dirsi una regia sonora senza partitura, trasmetto delle sensazioni che spontaneamente guidano il gioco e l’improvvisazione.

V: Un lavoro registico occorre, penso ai testi come una griglia sulla quale ognuno agisce con la propria sensibilità; poi accade l’imprevisto e l’imprevedibile e allora stravolgi il canovaccio narrativo, hai in mente qual è la meta e questo ti dà la libertà di cambiare il tragitto per raggiungerla.

Nel Trattato, la prefazione di Stefano Faravelli vi “prende alla lettera” poiché “il fraintendimento non oblitera l’intendimento. Anzi lo rende più profondo. Più sapido. Più sapiente”: volete darmi una vostra definizione della dicotomia intendimento/fraintendimento?

A: Intendimento e fraintendimento sono due termini subordinati entrambi al dire utilizzando canali che arrivano ai sensi e ai doppi sensi. È un limite che si instaura tra le persone, la verità assoluta non esiste! Noi lo viviamo nella quotidianità: è fraintendimento qualora le conseguenze del fraintendimento sono malintendimenti.

V: Il secondo, rispetto al primo, ha comunemente un’accezione negativa ma il fraintendimento porta al confronto, che con l’intendimento non ci sarebbe stato.

Andrea, che cos’è il M.A.L.A e cosa intendi per Liberazione dell’Arte?

A: Il M.A.L.A è nato da un sogno, circa dieci anni or sono. Un’entità astratta che non vuole dogmi ma spirito, bellezza, espressività e che accoglie diversi Maestri di Scienze Musicabili e Arti Implausibili. Suoni, parole e il gioco di far arte, dove per Arte intendo una delle più potenti e fenomenali capacità dell’uomo, che si manifesta nel suo agire e nella volontà di conoscere e conoscersi, tocca il subconscio e può far vibrare corde dell’anima apparentemente immobili e atrofizzate. Viviamo in un’epoca in cui l’espressione artistica è organizzata e pensata per assecondare il contesto capitalistico. Liberare l’arte è scardinarla da questa idea del profitto. Vogliamo vivere l’arte nella maniera in cui essa si concede a noi e, dopo il Trattato con Virginia complice, le nostre azioni hanno subito una naturale evoluzione, prendendo sempre più il carattere performativo.

Spesso la libertà, e in questo periodo storico ne stiamo avendo di nuovo esperienza, è connessa alla paura o al coraggio: Cosa direbbe Melanio da Colìa della paura?

A: “Quando il sole è basso sull’orizzonte, anche i nani hanno ombre da giganti.” – ci suggerisce Karl Kraus e si riferisce al Sole della Cultura, che oggi torna a sembrarci immobilizzata in un tramonto perpetuo. Uno dei nostri Arcani, L’Ombra per l’appunto, è dedicato alla paura.
La paura viene dal buio, da ciò che non abbiamo chiaro, dall’assenza che ci fa percepire il vuoto.
Ci guardiamo intorno e vediamo tutto, troppo, eccessivamente illuminato e questo ci accieca, non getta luci sulle ombre anzi le moltiplica. Occorre una lampadina interiore, un buon daimon al quale affidare la bussola della nostra anima.

V: La paura nasce da ciò che non sappiamo gestire e se sapessimo come interagire con l’oggetto della paura sapremmo anche come affrontarla. La conoscenza è l’interruttore che può disconnetterci dalla continuità del buio.

Simposio, 

credits_Vince Cammarata

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