Una grande mostra italiana dedicata alle relazioni tra arte contemporanea e Intelligenza Artificiale
testo e immagine di Lino Strangis
Nei mesi di aprile e maggio 2024, nel contesto del festival Parma360 si è tenuta la prima grande mostra italiana dedicata alle relazioni tra arte contemporanea e intelligenza artificiale. Chi l’ha ideata ha avuto l’ottima intuizione di intitolarla infatti L’opera d’arte nell’epoca dell’intelligenza artificiale (facendo riferimento al noto saggio di Benjamin). Si coglie prima di tutto quale sia la natura di questo fenomeno ricollegandola al più eclatante dei precedenti storici a proposito di automazioni atte a generare immagini e cioè la fotografia. Ma cosa accadde all’arte con l’avvento della fotografia? Come reagirono gli artisti visivi che per secoli avevano lavorato e prosperato ad esempio con la ritrattistica all’affermazione di una macchina che poteva eguagliare ogni virtuosismo copiativo con un click (o quasi)? Fu forse la fine per l’arte o tutto l’opposto? Tutti dovremmo ricordare che fu così in verità che nacquero le avanguardie! Se la macchina poteva sostituire o superare l’artista nella figurazione realistica allora l’artista ha iniziato a guardare oltre, vedere altro, stravedere. Ritengo che la natura della cosiddetta intelligenza artificiale abbia un impatto antropologico del medesimo segno della tecnica fotografica, ma come ha reagito l’arte d’oggi? Nell’epoca dell’IA, è importante muoversi non nel senso più modaiolo e superficiale, legato all’hype montato su certe specifiche evoluzioni di questa tecnologia, bensì in un modo molto più avveduto e cioè semplicemente considerando le IA come esempio di ciò che può significare oggi tecnologie digitali in genere, intendendo quindi il mondo delle IA, e le forme d’arte ad esse legate, come un proseguimento di fenomeni quali le arti multimediali interattive o anche la Computer Art. In questa mostra, non si parla di IA Art ma di arte nell’epoca dell’IA, quindi con uno sguardo molto più ampio e interessante su come le evoluzioni della tecnica possano influenzare l’arte, che le si usi o no, in quanto fare arte attuale non deve significare usare tutte le tecnologie oggi disponibili. Ma di certo qualcosa di così pervasivo non può nemmeno essere ignorato e già qualche anno fa avevo sostenuto l’idea di un’avanguardia intermediale che facesse con tutte le tecnologie multimediali emergenti quello che le avanguardie storiche fecero nell’ambito della pittura, grafica e scultura. In arte non importa quale sia la moda del momento ma esclusivamente ciò che può aumentare le poetiche e le esperienze possibili tramite le opere: l’artista non è un influencer pagato/a dalle aziende per usare certi prodotti, non è un ingegnere informatico che deve far bella figura con lo sfoggio di potenza tecnica! L’arte è ben altro, molto altrove, usa ogni cosa, tecnologie comprese, per ottenere le sue forme informate, a modo suo o eventualmente non le usa (e anche il non-uso di una certa tecnologia ci comunica qualcosa di rilevante a suo proposito). Ho partecipato a questa mostra con una mia opera, per realizzarla ho usato molte tecnologie tra cui anche delle IA, però in essa non c’è nulla che sia generato a partire da un testo o simili: io uso le IA come John Cage usava i Ching (o quasi), scardinandole dalle loro funzioni originarie (spesso legate al controllo) per inserire alea (ottenere comportamenti che non potrei costruire “a mano”) nel contesto di stratificati ambienti sensibili e generativi di fenomeni intermediali. Le tecnologie sono strumenti che uso per raggiungere ciò che inseguo e magari afferrarlo per qualche istante, ma ciò che inseguo è la poesia oltre le parole, l’esperienza poetica. Sulle altre opere in mostra segnalo molti articoli on line e un catalogo pubblicato dall’editore JakaBook.
