Nausicaa e Ulisse

di Lucetta Frisa

Qualcuno mi disse di un uomo diverso
che parla una lingua più aspra della nostra
simile a un singhiozzo?
Un uomo nudo e ferito in tutto il corpo
con mani scorticate ma con gli occhi
che tremano non so se per la gioia
di questo approdo o d’incertezza. Da dove
viene? Ha traversato a nuoto questo mare
infinito sempre in burrasca? È un dio
marino o un demone emerso dal fondo
messaggero di sciagure?
L’ho scoperto su questa spiaggia sassosa
che dormiva. Vinto da stanchezza, certo,
e nel sonno sembrava voler tenere con sé
tutte le voci e i silenzi del mare.

Dopo avere ascoltato giorno e notte il racconto
dello straniero accolto nel palazzo di mio padre
(sembrava felicemente stupito della nostra generosa ospitalità)
capii come ignorasse il nostro modo di essere e nulla
sapesse del sonno e dei sogni, nulla dell’isola dei Feaci.

Ascoltavo come non avevo mai ascoltato prima
e giorno dopo giorno vedevo il nostro grandioso palazzo
disfarsi, le sue pareti volare come vele bianche di nave
ai soffi del vento, Il viso paterno perdere i tratti così quello dei fratelli
e delle mie belle schiave: non potevo toccare nessuno
perché tutto si scioglieva lieve come neve al sole
tutto diventava aria tutto tornava all’origine,

Al termine del racconto più nulla e nessuno esisteva.
Nausicaa figlia di Alcinoo, principessa di un’isola felice,
non c’era più. Ma solo chi avrebbe seguito
lo straniero per sempre, lottato accanto a lui, incontrato
divinità ostili, nemici astuti, spogliata dei suoi abiti
d’oro dei gioielli della sua vita inconsistente.
Sarebbe stata una donna che si feriva le mani.

Immagine in evidenza:  Louis Gauffier, Odysseus ve Nausikaa, 1798

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