Visioni native/visioni interattive

di Maria Alessia Glielmi

La dicotomia artificiale/naturale, nella quale riecheggia la matrice cartesiana, richiama la più recente contrapposizione fra cultura e natura, utilizzata ormai correntemente in antropologia e in filosofia. Nel corso degli ultimi quindici anni, poi, gli antropologi hanno dato vita a ciò che è ormai pienamente riconosciuto come the ontological turn. Fulcro di questo nuovo paradigma è di nuovo una dicotomia – umani e non umani – che capovolge il tradizionale modo di vivere e pensare il nostro pianeta e costringe a prendere in considerazione come interlocutori attivi e attori agenti i non umani: l’altro da noi – specie umana – per eccellenza. Chi sono i non umani? Sono tutti gli esseri viventi e non che con noi abitano questo mondo e con i quali dobbiamo inventare nuovi modi di interazione, comunicazione e convivenza – o, come sostiene Marisol de la Cadena, zone di alleanza in cui aprire possibilità di dialogo. Le popolazioni native in questo sono maestre sapienti. Racconta Descola che per gli Achuar dell’Amazzonia le piante e gli animali sono persone “proprio come noi” con un’anima analoga a quella umana che “permette loro di pensare, di ragionare, di provare dei sentimenti, di comunicare […] e che li porta a riconoscersi […] come esseri umani malgrado la loro apparenza animale o vegetale”1. Nei sogni si svelano senza il loro “costume” vegetale o animale e danno preziose indicazioni per la sopravvivenza degli Achuar. In modo analogo, Eduardo Kohn ci ricorda, con le parole del leader sapara Manari Ushigua che “è importante essere in equilibrio con il mondo della foresta. Quando otteniamo questo equilibrio possiamo agire con rispetto verso gli altri, riconoscendo che la foresta ha la sua vita e il suo modo di aiutare noi e gli altri esseri viventi. [… ] ci si connette con la foresta attraverso i sogni. I sogni sono persone e ci vengono a raccontare quello che secondo loro sembra non andare bene nel nostro modo di agire”2. Anche per i huicholes messicani – wirrárika – i non umani sono esseri agenti dei quali avere molto rispetto e senza i quali la vita e la stessa sopravvivenza non sarebbero possibili. La cosmologia wirrárika è molto complessa e richiede un rapporto con il mondo spirituale intenso e ritualizzato per permettere di mantenere l’equilibrio del mondo e la continuazione della vita.

Le cosmovisioni native e il rapporto che i nativi continuano a mantenere con i non umani ci insegna che noi, umani, non siamo gli unici abitanti di Gaia. All’interno del dibattito intorno ai diritti e alle politiche della natura3 Latour propone di ergere quale soggetto di riflessione morale la figura di Gaia, la Terra4. Come riporta Mara Benadusi “la Gaia di Latour indica l’esigenza di una riduzione di scala tra la gamma dei grandi fenomeni ecologici che siamo chiamati a fronteggiare a livello globale e l’insieme di piccole emozioni e stili di pensiero necessari per gestire tali crisi come singoli o collettività locali”5. Ciò è ben sintetizzato nel progetto Tangible Earth, un interessante esempio in cui il campo dell’artificiale è messo al servizio della salvaguardia dell’ambito naturale. Progettata dall’architetto dell’informazione giapponese Takemura, è il primo globo digitale interattivo che rappresenta Gaia come un animato organismo vivente, comunicando con immediatezza il suo stato di vulnerabilità. Secondo la Benadusi Gaia, così rappresentata, “diventa un soggetto reattivo, che fa il suo ingresso nel mondo della morale, della politica, del diritto”6 e ci induce a capire “cosa significhi essere moralmente responsabili ai tempi dell’Antropocene”7.

Note

  1. P. Descola, Diversità di natura, diversità di cultura, Book Time, 2011, pp. 14-15.
  2. E. Kohn, Come pensano le foreste, Nottetempo, 2021, p.25-26.
  3. Dal movimento della deep ecology (Naess 1989; Devall, Sessions 1985) alla cosiddetta earth jurisprudence (Cullinan 2012).
  4. B. Latour, Waiting for Gaia. Composing the common world through arts and politics, A lecture at the French Institute, November 2011 for the launching of SPEAP (the Sciences Po program in arts & politics), Science Po, www.bruno-latour.fr/sites/default/files/124-GAIA-LON-DON-SPEAP_0.pdf (ultimo accesso 10/5/2024).
  5. M. Benadusi, ANUAC. VOL. 5, N° 2, DICEMBRE 2016, p. 101.
  6. M. Benadusi, p. 102.
  7. Latour, 2011.

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