di Carlo Michele Schirinzi

Non si progetta a misura d’uomo, minate sono le proporzioni.

L’occhio, pur riconoscendo gli spazi, non riesce ad abitarli ma ne è continuamente abitato: si è nel grande teatro, non più spettatori ma laceri attori, carne in balìa di fauci feline, o meglio, parti dell’immensa scenografia rituale, corpi apparecchianti una sola grande immagine.

La monumentalità degli spazi – feticismo del sacro desiderato – abortisce ogni tentativo di vissuto scagliandosi sull’attuabilità del quotidiano e decretando l’insignificanza della persona isolata2: architettura tesa a sedurre, ad annullare l’individuo, immensa inospitale Chiesa.

Tutto ciò è (in) Albert Speer, architetto del Terzo Reich.

Fuoco (fatuo) d’artificio > artificiale > arti-fizio > orifizio > buco > immagine-buco > buco d(e)all’immagine > buco-bocca (che di reale si nutre) > buco-ano (che resti di reale defeca).

Ma il reale esiste solo se ha rappresentazione e svanisce nello stesso istante in cui la sua immagine è cancellata (mai come ora).

Mark Lewis, protagonista del film L’occhio che uccide3, sperimenta, da novello Narciso, l’estasi del vedere e la possibilità divina del filmare/fermare la vita nel coito dell’immagine ultima, dell’impronta-sospiro definitiva4.

(Il soggetto si dissolve non appena mette piede nell’immagine-culto, nel momento in cui gli occhi si posano su di esso per fagocitarlo nell’inquadratura cinearchitettonica che, come edificio ferito, svela i propri tessuti nella rumorosa orgia di pixel: al cospetto del monumento, l’individuo si disintegra – Lewis come Speer) 

Ed allora, negli occhi, immagine è fine che giunge all’improvviso, abuso d’inceppo, disturbo terminale.

Capo di Leuca, 30/03/2024.

Carlo Michele Schirinzi, Killed Eye,
dittici appartenenti alla serie Pandemic Eye: Michael Powell’s Peeping Tom,
glitch su film stampato su carta metal, 2024

Note

  1. Pensieri scaturiti dallo studio del saggio M. Abensour, Della compattezza. Architettura e totalitarismi, Jaca Book, 2012.
  2. A. Speer, Technik und Macht, Bechtle, 1979, p. 243.
  3. M. Powell, Peeping Tom (U.K., 1960).
  4. M. Lewis è un cineoperatore che escogita un sadico trucco per filmare la vera paura, ossia monta una baionetta alla cinepresa con cui ammazza le sue modelle durante le riprese, riuscendo a immortalare la loro ultima atroce espressione poco prima della morte.

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